CLASSIFICAZIONE DELLE VERTIGINI
Il carattere sintetico di questa trattazione orientata alla terapia
non consente di elencare in queso paragrafo tutte le
malattie vertiginose e, pertanto, deliberatamente, tralasceremo
tutti i disturbi dell’equilibrio a genesi non vestibolare (da
S20 C. Vicini et al.: Le vertigini: le terapie farmacologiche e non farmacologiche
patologie recettoriali propriocettive, visive e multisensoriali;
da patologie del sistema nervoso centrale; da patologie del
sistema locomotore, ossia osteo-articolari e/o muscolari) per
delineare una sintesi delle vertigini e dei disturbi dell’equilibrio
da patologie vestibolari (peraltro le più frequenti e
spesso le più eclatanti oltre che quelle di più stretta pertinenza
ORL), che distingueremo in periferiche e centrali.
Nelle patologie vestibolari periferiche (le cosiddette
labirintopatie) il danno interessa, in modo temporaneo o
permanente, uno o più recettori di uno o di entrambi i labirinti
posteriori, ossia le macule dell’otricolo e del sacculo
(sensibili alla gravità ed alle accelerazioni lineari) oppure
le creste ampollari dei canali semicircolari laterale, anteriore
e posteriore (sensibili alle accelerazioni angolari).
Trattandosi di labirintopatie, spesso possono associarsi alla vertigine sintomi uditivi (espressione di un danno
del labirinto anteriore o chiocciola) quali acufeni, senso di
pienezza auricolare, ipoacusia.
Ai fini pratici appare utile suddividere le patologie
vestibolari periferiche in forme ad esordio improvviso ed
in monoevento (singolo episodio) e forme progressive o
ricorrenti (Tabella 1).
Le patologie vestibolari centrali sono dovute a patologie
neurologiche che nella maggior parte dei casi hanno
andamento peggiorativo (lentamente progressivo, a poussées,
etc).
La patologia neurologica può inizialmente interessare
solo le vie vestibolari, ma non raramente esordisce o
diventa plurifocale, con altre sintomatologie associate (ad
esempio, vertigine e diplopia nella sclerosi multipla).
Sintomi e segni variano in funzione delle diverse sedi
del danno, configurando quadri sindromici monodistrettuali
(angolo pontocerebellare, bulbare, pontino, mesencefalico,
cerebellare, talamo e nuclei basali, corticali) o pluridistrettuali
e la diagnosi è certamente di pertinenza neurologica
e/o otorinolaringoiatrica (ad esempio, la patologia
più frequente dell’angolo pontocerebellare è il neurinoma del nervo acustico).
La causa sarà la stessa delle patologie neurologiche in
senso lato, ossia demielinizzante, degenerativa, vascolare,
neoplastica, malformativa, metabolica, infettiva, traumatica,
etc.
In conclusione deve essere chiaro che dobbiamo sempre comunque giungere ad una topodiagnosi (ossia quanto meno distinguere il danno vestibolare periferico da
quello centrale), mentre in una parte dei casi saremo in
grado di riconoscere un quadro sintomatologico specifico
(ad esempio, malattia di Menière, VPP, deficit vestibolare
monolaterale, vertigine emicranica, ecc) e solo in pochi casi potremo disporre di una diagnosi etiologica (ad esempio,
vertigine post-traumatica).
Dal punto di vista epidemiologico le patologie vestibolari
periferiche superano di gran lunga in frequenza quelle
centrali.
Anche i dati dell’IMS per l’Italia, in larga misura derivanti
da visite del MMG, confermano questo dato: dall’analisi
dei quasi 2 milioni di visite per anno circa i 2/3 delle
malattie vertiginose vengono attribuite a due sole labirintopatie,
la malattia di Menière (MdM) e la vertigine parossistica
posizionale (VPP).
Uno spaccato di epidemiologia dal punto di vista dell’otorinolaringoiatra emerge da una nostra indagine, condotta
a Forlì su 1700 pazienti consecutivi giunti a visita
ambulatoriale non urgente, che comunque conferma la
netta prevalenza delle vestibolopatie periferiche (52%)
rispetto a quelle centrali (32%) o miste.
In Tabella 2 vengono riportate le principali patologie
rilevate in ordine di frequenza:
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